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Inquinamento dei mari: il ruolo della moda e l’impatto dell’industria tessile

Perché parlare di inquinamento dei mari oggi?

Ogni anno circa 11 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani (WWF, 2023). Una parte sempre più significativa di questo inquinamento è legata all’industria tessile: secondo l’UNEP, il 35% delle microplastiche presenti nei mari proviene dai tessuti sintetici che indossiamo e laviamo quotidianamente.

Il problema è subdolo, perché invisibile. Ogni lavaggio di un capo in poliestere, acrilico o nylon rilascia fino a 700.000 microfibre: frammenti microscopici che sfuggono ai depuratori, finiscono nei fiumi e poi negli oceani. Una volta in mare, queste particelle non si degradano, ma si accumulano negli ecosistemi e vengono ingerite da pesci, molluschi e crostacei.

Studi recenti hanno rilevato la presenza di microplastiche perfino negli organismi planctonici, alla base della catena alimentare marina. In pratica, queste fibre tornano indietro fino a noi: oggi sono state trovate tracce di microplastiche nel 77% dei frutti di mare in commercio in Europa e perfino in acqua potabile e sale marino. Parlare di inquinamento dei mari significa quindi parlare anche della nostra salute.

Le cause principali dell’inquinamento dei mari

Il modello del fast fashion amplifica questo impatto. Milioni di capi vengono prodotti ogni giorno utilizzando fibre sintetiche a basso costo, trattamenti chimici aggressivi e processi non controllati. La conseguenza è duplice: da una parte il rilascio continuo di microfibre nell’ambiente, dall’altra montagne di invenduti, resi e scarti di produzione che finiscono in discarica o vengono bruciati.

Il problema delle microfibre è quello più insidioso perché non lo vediamo: sono invisibili a occhio nudo, ma hanno la capacità di bio-accumularsi negli organismi marini, alterandone le funzioni vitali. Col tempo, risalgono la catena alimentare fino ad arrivare nei nostri piatti. In questo modo, ciò che consideriamo un semplice “lavaggio in lavatrice” diventa un gesto che contribuisce, senza che ce ne accorgiamo, a un inquinamento globale.

Come agisce Risvolta per ridurre questo impatto

Per contrastare queste dinamiche, Risvolta ha scelto un modello produttivo diverso. L’uso di fibre naturali e plastic free come cotone, lana, cashmere e seta riduce drasticamente il rilascio di microplastiche. A queste si aggiungono materie prime rigenerate certificate, che permettono di recuperare risorse senza generare nuovo inquinamento.

La produzione segue una logica su richiesta e a piccoli lotti, evitando così scarti e riducendo al minimo i capi destinati a rimanere invenduti. Un approccio che consente di realizzare solo ciò che serve, riducendo il peso ambientale e impedendo che i rifiuti tessili finiscano nei mari.

Inoltre, la filosofia di Risvolta è puntare su capi di qualità, progettati per durare e accompagnare chi li indossa negli anni, contrastando così il consumo compulsivo tipico del fast fashion. Se vuoi approfondire, la storia di questo impegno è raccontata in dettaglio nella sezione Il Progetto del nostro sito web.

Infine, grazie al Passaporto Articolo, ogni consumatore può verificare la provenienza dei materiali, i laboratori coinvolti e l’impatto del capo. È uno strumento che trasforma la trasparenza in realtà e aiuta a distinguere chi fa vera moda sostenibile da chi si limita a proclami di facciata.

Ma cosa possiamo fare tutti per limitare di danneggiare l’ecosistema?

Anche le scelte individuali hanno un impatto. Acquistare meno, ma meglio, significa ridurre la domanda di fast fashion e sostenere la moda sostenibile. Optare per capi di qualità e certificati, come quelli presenti nel nostro shop online, è un modo concreto per contribuire al cambiamento.

Occhio al lavaggio!

Anche il modo in cui trattiamo i vestiti conta: lavaggi meno frequenti, a freddo e con cicli brevi aiutano a limitare il rilascio di microfibre. Riparare e riutilizzare gli abiti, o aderire a pratiche di scambio e condivisione, avvicina al concetto di consumo collaborativo, che prolunga la vita dei capi e riduce la produzione di nuovi rifiuti.

Un mare più pulito passa anche dal nostro armadio

L’inquinamento dei mari non è un problema lontano: ci riguarda da vicino, perché le microplastiche che liberiamo tornano a noi attraverso l’acqua, l’aria e il cibo. Ogni scelta che facciamo nel guardaroba ha quindi un riflesso diretto sull’ambiente e sulla nostra salute.

Sostenere la moda etica e responsabile significa contribuire a un mare più pulito e a un futuro più giusto. Noi di Risvolta crediamo che vestire in modo sostenibile non sia una rinuncia, ma un’opportunità per dare valore a ciò che indossiamo e a chi lo produce.

Ogni scelta conta: anche quella che fai oggi può dare un grande aiuto ai nostri mari.

E ora, dai un’occhiata alle nostre collezioni uomo, donna e accessori.